INTRODUZIONE
La globalizzazione è quel
fenomeno economico e sociale
tale per cui le
correlazioni, le continuità
e le dipendenze dei sistemi
di tutti gli Stati aumentano
in maniera esponenziale
tanto da non potere più
distinguere i "confini" per
imprese, mercati, Paesi.
Invocata da alcuni come la
sintesi più compiuta
dell'efficienza dei
meccanismi del libero
mercato in modo da
distribuire maggiore
ricchezza a tutti i popoli
della terra, osteggiata da
altri come il fenomeno più
evidente dello sfruttamento
economico dei paesi più
poveri da parte di quelli
più ricchi, la
globalizzazione è al centro
dell'attenzione
dell'opinione pubblica
mondiale ed è, oramai, un
dato di fatto.
Le considerazioni che spesso
si fanno a riguardo di
singole realtà geografiche
non hanno più quella valenza
che solo cinquant'anni fa si
poteva loro attribuire.
Questo riguarda tutti gli
aspetti dell'economia e
della finanza: basti, come
esempio per tutti, il fatto
che una famiglia italiana
può decidere autonomamente e
semplicemente di investire
il proprio risparmio
acquistando azioni di
imprese statunitensi quotate
a New York attraverso
Internet.
LE AZIENDE
Dal punto di vista delle
aziende, la dimensione del
mercato si è enormemente
ampliata negli anni, fino a
raggiungere oggigiorno per
molti beni l'intero pianeta.
Da un lato si sono avuti
fenomeni di "espatrio" delle
produzioni, soprattutto
quelle a basso valore
aggiunto, dai paesi
maggiormente
industrializzati a quelli in
via di sviluppo, sfruttando
una manodopera che le
condizioni del mercato del
lavoro in quei luoghi
rendono particolarmente
conveniente; dall'altro
invece le imprese
multinazionali hanno espanso
le proprie attività aprendo
stabilimenti in moltissimi
paesi per la produzione in
loco dei propri beni, che si
sono standardizzati. Un
esempio di quest'ultima
tendenza può essere quello
della Coca-Cola, che
provvede direttamente nel
nostro Paese a produrre la
nota bevanda, il cui sapore
ed aspetto commerciale è
però pressoché uguale nel
mondo. La globalizzazione è
dunque fattore di
competitività per le
imprese: esse aumentano le
dimensioni generando
consistenti economie di
scala, aprono nuovi mercati,
riducono i costi esportando
le produzioni, scelgono la
loro localizzazione anche a
riguardo di aspetti fiscali,
normativi, sindacali,
eccetera. I risultati per i
consumatori sono quelli di
un generale abbassamento del
costo di produzione dei beni
e dunque del prezzo di
mercato.
I detrattori della
globalizzazione accusano
invece le multinazionali di
creare disoccupazione nei
paesi dove dismettono
attività industriali per
"esportarle" all'estero e di
influire negativamente nella
crescita sociale dei paesi
poveri in quanto cercano di
mantenere molto bassi i
costi di produzione delle
merci (soprattutto i
salari), generando "ricatti
morali" nei confronti dei
Governi di quei paesi.
I GOVERNI
La politica economica e
monetaria è oggigiorno
sempre meno efficace. Un
Governo che volesse, in una
fase di recessione, dare
impulso all'economia, ad
esempio incentivando i
consumi (riducendo le tasse
creando deficit di bilancio)
dovrebbe tenere conto del
fatto che una parte di
questi maggiori consumi
andrebbe a finire su beni
che non sono prodotti in
loco ed i cui ricavi nella
massima parte finirebbero
all'estero, andando così ad
"annacquare" gli effetti
desiderati di tali
politiche. Se i mercati
fossero relativamente
"chiusi" verso l'esterno,
gli effetti di queste
manovre sarebbero pieni: ma
oggi non lo sono più. A
fronte però di questi limiti
il fenomeno della
"specializzazione
produttiva" a livello
internazionale ha
sicuramente portato benefici
in termini di crescita
economica per tutti i Paesi.
Un recente esempio che può
essere portato è quello
degli incentivi del Governo
italiano sulla
"rottamazione" delle
automobili: tali incentivi,
che hanno provocato uscite
di danaro dalle casse dello
Stato, sono serviti per dare
impulso alle vendite dei
veicoli, e parte di questi
veicoli sono stati prodotti
nel nostro Paese: la
ricchezza è rimasta dunque
in Italia. Ma i vincoli sul
rispetto della concorrenza e
l'apertura dei mercati
europei ha permesso che una
parte degli acquisiti di
automobili degli italiani
andasse a costruttori
francesi o tedeschi, i quali
hanno beneficiato del nostro
deficit pubblico. Tanto più
i mercati sono correlati tra
loro, senza barriere per la
circolazione di merci e
capitali e la concorrenza
internazionale ampia, tanto
più le politiche economiche
e monetarie dei singoli
Governi nazionali
risulteranno inefficaci. Ma
contestualmente la
concorrenza tra Stati
spingerebbe i Governi a non
comportarsi l'un l'altro in
maniera collaborativa. Si
pensi ad un Paese che decida
di dimezzare le imposte per
i redditi delle imprese
estere: esso attrarrà
imprese dall'esterno visto
che la localizzazione in
esso conviene alle aziende.
Gli altri Stati reagirebbero
con politiche simili per
contrastare l'uscita delle
imprese dal proprio
territorio, con il solo
risultato che entrambi i
Governi sarebbero solamente
più poveri al termine di
queste operazioni. Questa
situazione viene definita
come "gioco a somma
negativa".
Per ovviare a queste
situazioni nascono incontri
a livello mondiale, forum di
discussione per determinare
linee di azione comune tra
le nazioni e armonizzazioni
normative e fiscali in un
quadro sostenibile di
sviluppo mondiale
dell'economia.
LA
FINANZA
La globalizzazione della
finanza è un dato di fatto
non solo per i grandi
investitori, ma anche per i
piccoli risparmiatori.
Acquistare azioni a Wall
Street, come detto
nell'introduzione, non è
certo difficile per un
cittadino europeo; così come
non è difficile per una
azienda inglese stipulare
mutui denominati in yen da
una banca giapponese per
finanziare i propri
investimenti con tassi di
interesse inferiori rispetto
ai mutui delle banche
nazionali.
Tassi, valute ed azioni si
confrontano in un mercato,
che, anche grazie alla
tecnologia delle
telecomunicazioni, è oramai
completamente aperto.
Il dissolvimento
"elettronico" dei confini
comporta, nella complessità
delle operazioni, problemi
di natura commerciale,
giuridica e fiscale non
indifferenti. Sarebbe
teoricamente possibile che
un operatore tedesco,
residente fisicamente in
Italia ma giuridicamente in
Svizzera, compisse
operazioni sul mercato di
Tokyo via internet
attraverso un provider di
accesso francese che
fornisce il server ma
attraverso un servizio di
brokeraggio americano.
Questo curioso e pittoresco
esempio mostra come la
complessità di determinare
lo stato giuridico
dell'operazione (da cui far
discendere il giudice di
eventuali controversie ed il
momento della applicazione
delle imposte) non è certo
sempre agevole ed intuitivo.
La correlazione dei mercati,
inoltre, è evidente. La
diffusione del dato
riguardante il tasso di
disoccupazione Usa, ad
esempio, non ha solo
influenza a Wall Street, ma
in tutte le Piazze mondiali,
determinando vendite ed
acquisti su titoli
apparentemente non legati
tra loro. Di questi intrecci
vi è da tenere conto sempre
più nella determinazione
degli investimenti personali
e nelle proprie strategie di
trading; il numero di
informazioni che devono
essere elaborate per
decidere una operazione sul
mercato aumenta
esponenzialmente con
l'aumentare della
correlazione tra sistemi
economici e finanziari:
dotarsi di un sistema
informativo adeguato è oggi
indispensabile per
affrontare l'investimento in
Borsa. IL
LAVORO
Gli effetti sul mercato del
lavoro della globalizzazione
sono molteplici.
Come prima accennato, il
trasferimento delle
produzioni industriali verso
paesi che offrono mercati
del lavoro più flessibili,
salari più bassi e
condizioni di sicurezza
sociale peggiori ha
determinato e continua a
determinare un fenomeno
ampio, che contribuisce da
un lato alla sostituzione
nelle economie avanzate
delle produzioni industriali
ed agricole con il terziario
ed i servizi, dall'altro
nelle economie povere
dell'aumento del benessere
delle popolazioni che
trovano un impiego
altrimenti inesistente.
Gli effetti nelle società
occidentali riguardano
lavoratori che prima erano
impiegati con salari e
condizioni non
concorrenziali rispetto a
quelli dei paesi in via di
sviluppo. La perdita del
posto di lavoro crea
tensioni sociali, necessità
di riqualificazione per un
nuovo collocamento e
sviluppo di strumenti di
aiuto economico.
Nei paesi in via di sviluppo
però la forte concorrenza
(appunto: globale), fatica
ad innescare quel circolo
virtuoso della crescita che
vede come elementi
fondamentali la produzione,
i salari, i consumi, i
risparmi, gli investimenti.
CONCLUSIONI E RIFLESSIONI
Gli effetti della
globalizzazione sono
certamente duplici: da un
lato le aziende producono
maggiore ricchezza, che
distribuiscono ai propri
soci sempre più
frequentemente localizzati
in un gran numero di Paesi:
l'economia globale comporta
la diffusione planetaria del
benessere a tutti coloro che
entrano a far parte del
meccanismo della produzione
e dei capitali; la crescita
globale, anche se con ritmi
diversi, aumenta la
ricchezza delle nazioni.
D'altro canto la protezione
dei diritti sociali, oramai
ampiamente assodata nei
paesi occidentali, non vede
ancora la luce nei paesi in
via di sviluppo, così come i
diritti umani e politici,
visto che la crescita
economia non si accompagna
necessariamente con la
crescita democratica. In
definitiva la
globalizzazione economica
non ha tenuto il medesimo
ritmo rispetto alla
diffusione dei diritti
sociali, ma i consessi
internazionali hanno oramai
avviato virtuosismi tali da
creare le basi per una loro
diffusione.
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